Maxioperazione dei carabinieri: così la mafia faceva affari attorno allo scalo, tra parcheggi e negozi. Nell’indagine della Dda spunta il nome di Danilo Rivolta, ex sindaco azzurro di Lonate Pozzolo: la sua elezione ‘appoggiata’ dalle famiglie calabresi. E citato anche il ras di Fi Caianiello.
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I politici coinvolti nell’indagine sulla ‘ndrangheta
L’indagine – ‘Krimisa’ è il nome greco di Cirò Marina – avrebbe accertato un legame tra l’ex sindaco di Lonate Pozzolo, Danilo Rivolta, di Forza Italia (già arrestato nel 2017 per tangenti), e alcuni esponenti della ‘locale’ di ‘ndrangheta. L’elezione di Rivolta sarebbe stata appoggiata da influenti famiglie calabresi che lo avrebbero aiutato in cambio di un assessorato alla nipote del boss Alfonso Murano, ucciso il 28 febbraio del 2006 a Ferno (Varese). Tra gli arrestati c’è un consigliere comunale di Fratelli d’Italia di Ferno, Enzo Misiano, accusato di essere il trait d’union tra l’ambiente politico locale e alcuni esponenti di spicco della cosca, e un perito che lavorava per la Procura di Busto Arsizio (Varese): avrebbe fatto da ‘talpa’ su alcune indagini. E risulta coinvolto anche “un altro esponente politico di livello regionale, il coordinatore dei Cristiano-popolari Peppino Falvo”. In particolare, da quanto emerge, l’associazione mafiosa riusciva a convogliare i voti dell’area varesina di Lonate Pozzolo, “cosa che hanno tentato anche nelle consultazioni elettorali del 2018, ma il loro candidato viene battuto”, spiega il pm Alessandra Cerreti. Uno scambio di voto che invece nel passato avrebbe funzionato. Nell’inchiesta entra un pacchetto di circa 300 voti che fa dire agli inquirenti che alcuni incarichi a Locale Pozzolo e Ferno sarebbero state “espressione della capacità del gruppo criminale di veicolare considerevoli quantità di voti, barattandoli con la nomina di familiari e parenti a cariche politiche ed amministrative”. E nelle intercettazioni tra Misiano e un altro arrestato viene fatto il nome di Gioacchino Caiainello, ex coordinatore provinciale di Forza Italia arrestato a marzo nella maxi inchiesta sulle tangenti in Lombardia.
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La maxi operazione contro la ‘ndrangheta
In totale sono 400 i carabinieri impegnati nell’esecuzione dell’ordinanza nelle province di Milano, Ancona, Aosta, Cosenza, Crotone, Firenze, Novara e Varese. I destinatari del provvedimento (27 in carcere e 7 ai domiciliari) sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, danneggiamento seguito da incendio, estorsione, violenza privata, lesioni personali aggravate, minaccia, detenzione e porto abusivo di armi, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti (tutti aggravati perché commessi avvalendosi del metodo mafioso e al fine di agevolare le attività dell’associazione mafiosa), truffa aggravata ai danni dello Stato e intestazione fittizia di beni, accesso abusivo a un sistema informatico o telematico. A far partire le indagini la denuncia di un imprenditore onesto, che ha denunciato in procura le pressioni della ‘ndrangheta e anzi, sconsigliato dagli stessi magistrati di continuare la sua ricerca di un terreno per costruire il parcheggio ha detto: “Io non mi piego”. L’uomo avrebbe voluto acquisire un terreno per costruirvi un parcheggio: infinite le pressioni delle cosche, anche indirettamente tramite un consulente del lavoro, ora ai domiciliari, “che si fingeva neutro ma era in realta’ portatore di interesse dei mafiosi”. Tra coloro che inviavano messaggi intimidatori, anche una giovane incensurata, fidanzata del figlio del boss, al quale era intestato uno dei parcheggi gia’ in mano alla ‘ndrangheta. “La presenza di un imprenditore che denuncia ci da’ speranza: e’ la prima volta in Lombardia” ha sottolineato l’aggiunto Dolci.
Le mire della ‘ndrangheta su Malpensa
Le cosche, secondo gli investigatori, puntavano ai parcheggi attorno all’aeroporto e alla costruzione di nuove attività commerciali in aree nei comuni adiacenti. Il gip ha disposto il sequestro di due parcheggi privati, “Malpensa Car Parking” e “Parking Volo Malpensa”, oltre a metà delle quote della società “Star Parkings”, che non si trovano nell’area aeroportuale. In totale il decreto ha consentito di sequestrare beni per un valore complessivo di 2 milioni di euro. I carabinieri sono riusciti a documentare summit criminali durante i quali, oltre alle questioni prettamente politiche, c’era anche la pianificazione imprenditoriale della cosca, i cui proventi erano investiti in parte nell’acquisto di ristoranti e di terreni per la costruzione di parcheggi poi collegati con navette all’aeroporto.
L’avvio dell’indagine ‘Krimisa’
L’indagine, avviata nell’aprile 2017 e coordinata dalla Dda di Milano, ha consentito di accertare che “l’organizzazione era stata in grado di infiltrare gli apparati istituzionali e che, dalla seconda metà del 2016, era in corso un processo di ridefinizione degli assetti organizzativi della locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo, a seguito della scarcerazione di due esponenti apicali della medesima consorteria criminale in forte contrasto tra loro”. Le prime mosse degli investigatori sono partite in contemporanea alla scarcerazione di Vincenzo Rispoli, capo della locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo. Si erano create quindi tensioni interne che erano state risolte grazie all’intervento dello stesso Rispoli e di Giuseppe Spagnolo, al vertice della cosca Farao-Marincola che comanda nell’area di Cirò Marina (Crotone) e in stretto contatto con quella di Legnano-Lonate. Gli investigatori sono riusciti a documentare alcuni incontri organizzati per decidere come risolvere le controversie e assegnare territori e competenze agli affiliati.